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Il cielo nel mese di Dicembre
Costellazioni
Il cielo di dicembre è dominato, a sud, dalla grande e luminosa costellazione di Orione, dalla luminosa stella Sirio e dall'asterismo del Triangolo Invernale.
Orione è in assoluto la protagonista del cielo: la sua caratteristica forma a clessidra, le tre stelle allineate della cintura e la sua posizione a cavallo dell'equatore celeste, ne fanno il punto di riferimento per gli osservatori del cielo di tutto il mondo. Proseguendo a sud-est lungo la linea della cintura, si arriva a Sirio, la stella più luminosa dell'intera volta celeste; a completare il triangolo Sirio-Betelgeuse è Procione, un astro notevole nella costellazione del Cane Minore. A sud di Sirio, il corpo del Cane Maggiore è segnato da una catena di stelle che prosegue verso sud-est, terminante in un triangolo. Più a sud, la parte posteriore dell'antica Nave Argo, la Poppa, è ricchissima di ammassi aperti.
Il Triangolo Invernale, una delle figure più caratteristiche del cielo di dicembre.
A nord del Triangolo Invernale, si evidenzia bene la costellazione dei Gemelli, le cui stelle sono disposte a rettangolo, inclinato verso nord-est, quasi a voler "sfuggire" dal gruppo di stelle di Orione. Ad nord-ovest di quest'ultimo, in alto nel cielo, si estendono il Toro e l'Auriga.
Ad est inizia ad intravedersi la figura del Leone, a forma di trapezio, con la brillante Regolo sulla parte sud-ovest. Il campo a sud-est si fa invece privo di stelle, in direzione della grandissima Idra e di altre costellazioni minute.
A nord, il Grande Carro inizia ad elevarsi sull'orizzonte, così inizia ad apparire "verticale", mentre al suo crescere segue, dalla parte opposta alla Stella Polare, il declino di Cefeo e di Cassiopea.
Verso ovest, ancora si rende visibile dopo il tramonto Fomalhaut, la brillante stella Alfa del Pesce Australe, e la Balena, così come il Quadrato di Pegaso, dominante nei cieli di inizio e metà autunno. A sud-ovest di Orione, si snoda la tortuosa costellazione di Eridano, che termina con la brillantissima stella Achernar, al di sotto dell'orizzonte osservabile dall'Italia. Con il Cigno tramonta l'ultima delle costellazioni che hanno dominato i cieli dell'estate.
Per chi avesse la possibilità di oltrepassare la linea del Tropico del Cancro durante le vacanze di Natale, potrebbe essere interessante osservare il cielo notturno in direzione sud, dove oltre alla già citata Achernar, sarebbero visibili le Nubi di Magellano, due galassie satelliti della Via Lattea, entrambe dall'aspetto simile a due frammenti della Via Lattea: la Piccola Nube si individua 15 gradi a sud di Achernar, mentre la Grande Nube è ben visibile una ventina di gradi a sud della brillantissima Canopo, la seconda stella più luminosa del cielo, individuabile a sua volta 35 gradi a sud di Sirio.
Oggetti notevoli
Il mese è propizio per l'osservazione dei seguenti oggetti celesti, visibili anche con un piccolo binocolo:
- l'Ammasso Doppio h+χ Per, in Perseo;
- M 101, una galassia spirale nell'Orsa Maggiore;
- la Nebulosa Elica (NGC 7293), la nebulosa planetaria più brillante del cielo, visibile nell'Aquario;
- la Galassia di Andromeda (M 31), nell'omonima costellazione;
- la Galassia del Triangolo (M 33), nell'omonima costellazione;
- le Pleiadi (M 45), nella costellazione del Toro;
- M 35, un ammasso aperto visibile nella costellazione dei Gemelli;
- M 36, un ammasso aperto visibile nella costellazione dell'Auriga;
- M 37, un ammasso aperto visibile nella costellazione dell'Auriga;
- M 38, un ammasso aperto visibile nella costellazione dell'Auriga;
- la Nebulosa di Orione (M 42), visibile ad est nella costellazione dell'omonima costellazione;
- M 41, un ammasso aperto visibile nella costellazione del Cane Maggiore;
- l'Ammasso del Presepe (M 44), visibile in direzione della costellazione del Cancro.
Sciami meteorici visibili nel mese
Nome | Periodo dell'anno | Giorno ottimale | Ora (TU) |
---|---|---|---|
Monocerontidi | nov 27-dic 17 | dic 10 | 22.00 |
Geminidi | dic 03-19 | dic 14 | 21.00 |
Ursidi | dic 17-25 | dic 22 | 22.00 |
Mappa del cielo nel mese di Dicembre.
La carta celeste è regolata per il fuso orario UTC/GMT +1 alle ore 23.00 ed alla latitudine di 42°N che corrisponde all’ incirca con Roma, ma è consultabile, senza apprezzabili differenze, dalla fascia compresa fra 47°N e 37°N. e quindi ricopre l’ intero territorio Italiano.
Nota: il transito della Luna e dei pianeti non sono riportati.
Nelle carte sono presenti anche i simboli degli oggetti principali, contraddistinti da diversi colori:
- giallo per gli ammassi (cerchio giallo per gli ammassi aperti, con una croce per gli ammassi globulari).
- verde per le nebulose (cerchio verde per le nebulose planetarie, quadrato o irregolare per le nebulose diffuse).
- rosso per le galassie.
Fonte: Wikipedia
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Esopianeti
Profondo universo
Già Giordano Bruno, nel 1584, con la pubblicazione “De l’infinito, universo e mondi” avanzava la possibilità che ogni stella potesse possedere un proprio sistema planetario.
Per avere la prima, controversa, rilevazione di un pianeta orbitante attorno ad una stella diversa dal nostro Sole bisognò aspettare fino al 1988, anno in cui un team di astronomi canadesi annunciò la scoperta di un oggetto extrasolare nella costellazione del Cefeo, identificandolo come un esopianeta orbitante attorno alla stella "Gamma Cephe", a circa 45 anni luce di distanza dalla Terra. Sfortunatamente le misurazioni non erano abbastanza precise da costituire una prova scientifica solida a conferma della scoperta e soltanto nel 2002 un altro team di astronomi del “Planetary Systems and their Formati on Workshop” stabilì con certezza che l’oggetto in questione fosse un pianeta noto oggi con il nome di Tadmor (noto anche come “ Arlrai ab” e “Gamma Cephei Ab”).
Oggi, grazie a nuovi telescopi spaziali come lo Spitzer Space Telescope della NASA in orbita dal 2003, sappiamo con certezza dell’esistenza di almeno 4100 pianeti extra-solari (dati che sono in continuo aggiornamento). Altri circa 2.500 sono probabili candidati in attesa di conferma definitiva.
Sono stati individuati anche probabili pianeti interstellari che non risultano gravitazionalmente legati ad alcuna stella e che vagano dispersi nello spazio interstellare (nei prossimi anni potrebbero arrivare delle conferme). Quest’ ultimi non possono essere classificati nemmeno come “Pianeti” in quanto l’ attuale definizione di “pianeta” implica la presenza di una stella alla quale, un pianeta, risulta legato da attrazione gravitazionale.
Nel 18 Aprile 2018 è stato messo in orbita il satellite spaziale Transiting Exoplanet Survey (TESS), progettato nell'ambito del programma Explorer della NASA, il cui scopo è la ricerca di pianeti extrasolari usando il metodo fotometrico del transito. Ad oggi ha già scoperto quasi un centinaio di esopianeti i cui dati sono allo studio.
Grandi aspettative sta generando il telescopio spaziale James Webb (James Webb Space Telescope, JWST). Si tratta di un importante osservatorio spaziale realizzato grazie alla collaborazione dalle agenzie spaziali NASA (Americana), ESA (Europea) e CSA (Canadese). Di fatto rappresenta il degno successore del telescopio spaziale Hubble. Il suo specchio segmentato di 6,5 metri (18 segmenti) raccoglie quasi sei volte più luce di Hubble ed è stato progettato per funzionare con luce infrarossa. Questo telescopio potrà fornire preziose informazioni sulle prime galassie formatesi dopo il big-beng e consentirà di approfondire lo studio degli esopianeti.
Dispone di strumenti scientifici all'avanguardia: telecamere, spettrografi e sensori all’ infrarosso. Il lancio in orbita è stato effettuato il 25 dicembre 2021 tramite un razzo Ariane 5 ECA dallo spazioporto europeo nella Guyana francese. Dopo un mese si è posizionato a circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, in un'orbita attorno al secondo punto di Lagrange (L2) del sistema Sole-Terra ed ha iniziato ad inviare le sue prime immagini che già sono allo studio dei nostri scienziati astrofisici ed astronomi. Studi che però richiederanno molto tempo prima di avere i primi risultati certi.
Lo studio dei pianeti extrasolari ha forti motivazioni scientifiche, tra le quali ne citiamo due:
- Mettere alla prova modelli di formazione ed evoluzione di sistemi planetari in un gran numero di sistemi extrasolari (il Sistema Solare potrebbe non essere rappresentativo dei sistemi planetari).
- Identificare pianeti in "zone di abitabilità" dove sussistono condizioni fisiche atte a sostenere la vita.
I metodi di rivelazione di pianeti extrasolari sono sostanzialmente due: diretti ed indiretti
Metodi diretti
Consistono nel produrre una immagine diretta del pianeta( in inglese” direct imaging”).
In questo metodo si includono tutte le tecniche che permettono di osservare direttamente al telescopio un esopianeta.
L' individuazione diretta di pianeti extrasolari risulta estremamente difficile in quanto i pianeti hanno solitamente una luminosità, dovuta alla luce riflessa della stella, circa un milione di volte inferiore a quella della stella stessa. Inoltre, la maggiore luminosità della stella causa un bagliore che tende a coprire la luce debolmente riflessa dai pianeti che vi orbitano attorno (tecnicamente chiamato “contrasto di luminosità”).
Va aggiunto che gli esopianeti si trovano in sistemi stellari distanti anni-luce da noi e quindi la “separazione angolare” che separa la stella dai pianeti risulta estremamente piccola, nell’ ordine dei frazioni di “secondi d’ arco” valore decisamente inferiore al “seeing” introdotto dall’ atmosfera terrestre.
Ne deriva che per poter osservare esopianeti occorrono potentissimi telescopi equipaggiati con particolari strumenti a largo contrasto come lo SPHERE del Very Large Telescope (VLT) o in alternativa occorre portarsi al di fuori dell’ atmosfera terrestre con telescopi spaziali.
Con il “metodo diretto” si riescono ad osservare soprattutto pianeti relativamente grandi (dimensioni gioviane) e/o pianeti che ruotano a maggior distanza dalla stella (maggiore separazione angolare). Per aumentare la separazione angolare vengono usate anche tecniche “interferometriche” mentre per diminuire il “contrasto di luminosità” vengono usate tecniche per oscurare la stella (Coronografia “Occulters”) e filtri all’ infrarosso.
Tramite i “metodi diretti” si ricavano anche informazioni orbitali (con la III legge di Keplero) e la temperatura del pianeta ( tramite il colore misurato con analisi fotometrica).
Metodi indiretti
Sostanzialmente riconducibili a 2 effetti che il pianeta induce sulla stella ospite nel suo moto di rotazione attorno ad essa.
- Perturbazione gravitazionale : questo effetto, in inglese “reflex motion” causa una variazione dell’ orbita della stella che la porta ad orbitare attorno ad un punto chiamato “centro di massa comune”.
La legge di “gravitazione universale” insegna che tali perturbazioni variano in funzione della massa del pianeta e della distanza che lo separa dalla stella. - Variazione di luminosità : si ha quando un pianeta transita nel campo visivo di una stella interponendosi tra stella ed osservatore.
Modi indiretti basati su perturbazioni gravitazionali
- Metodo del timing di pulsars
Si utilizza l’estrema regolarità temporale degli impulsi emessi da “pulsar” nella banda radio. Le “Pulsar” sono stelle di neutroni che hanno un periodo velocissimo di rotazione anche nell’ ordine di millisecondi.
Il metodo consiste nel cercare le variazioni nel tempo di arrivo degli impulsi, generate dalle perturbazione del moto della stella di neutroni indotte da pianeti orbitanti attorno ad essa. Variazioni periodiche indicano l’ esistenza di un pianeta di cui si ricava il periodo orbitale ed indicazioni circa la sua massa.
Questo metodo consente di rilevare pianeti anche molto piccoli ma di contro solo quelli che ruotano attorno a stelle dello stesso tipo cioè “Pulsar”.
- Metodo delle velocità radiali (Metodo Doppler)
Sfrutta il fatto che quando una sorgente luminosa si avvicina o si allontana rispetto all’ osservatore, la lunghezza d’onda osservata cambia. La variazione di lunghezza d’onda, determinata dall’effetto Doppler può essere misurato con gli spettrografi.
Quando la stella si allontana lo spettro subirà uno spostamento verso il rosso, viceversa verso il blu.
Lo spostamento periodico indica la presenza di un pianeta del quale si ricavano periodo di rotazione e una stima della massa, quest’ ultima in quanto è un effetto legato ad azione gravitazionale.
E’ la tecnica più usata e ha consentito sinora di trovare il maggior numero di esopianeti.
Un limite di questo metodo consiste nel fatto che non tutti i pianeti ruotano in un piano parallelo a quello dell’osservatore inquanto le velocità radiali non si sviluppano per quei pianeti che ruotano in un piano pressapoco perpendicolare a quello d’ osservazione.
- Metodo astrometrico
Consiste nella misurazione accurata delle oscillazioni del moto della stella attorno al "centro comune di massa" del sistema stella-pianeta.
Allo scopo si utilizzando telescopi ottici ad alta risoluzione nella banda dell’ infrarosso, nella quale il contributo di luminosità del pianeta risulta maggiore. Tramite analisi spettroscopica si può riuscire a separare il flusso luminoso della stella da quello riflesso dal pianeta.
Con questo metodo, rispetto agli altri due visti prima, si ha una maggiore precisione quando il piano di rotazione del pianeta attorno alla stella è perpendicolare al piano di osservazione.
Dalle oscillazioni della stella si ricavano parametri orbitali e una stima della massa e distanza del pianeta.
Modi indiretti basati su variazioni di luminosità
- Metodo dei transiti
- Microlensing gravitazionale
Avviene nella fase dei transiti, quando cioè il pianeta transita davanti alla stella trovandosi interposto tra la stella e l’ osservatore.
In questa fase una piccola quantità di luce (nell’ ordine del 0,0002 %) emessa dalla stella viene assorbita dal pianeta. Tale quantità viene misurata da fotometri di precisione ed è proporzionale al diametro del pianeta. Dall’ intervallo dei transiti successivi si ricava anche il periodo orbitale.
Con questo metodo si rilevano pianeti anche molto piccoli (di tipo terrestre) mentre un grosso limite di questo metodo è dovuto al fatto non tutte le orbite dei pianeti extrasolari giacciono sullo stesso piano dell’ osservatore.
Se il piano delle orbite è molto inclinato o addirittura perpendicolare a quello dell’ osservatore , il transito non avviene di conseguenza non si avverte alcuna variazione luminosità.
Si ha quando una stella con un pianeta attraversa la visuale di una stella di fondo.
In tale caso la stella con pianeta agisce da lente gravitazionale su quella di fondo la quale mostra un aumento di luminosità.
Se la configurazione geometrica lo consente, il pianeta che orbita attorno alla prima stella può amplificare l’effetto “lente gravitazionale” nel corso del suo percorso orbitale.
In tal caso, la stella di fondo, mostra una breve intensificazione di luminosità che si sovrappone al profilo di emissione della sua curva di luce.
Con questo metodo si misura direttamente massa e raggio del pianeta. Il grosso limite è che questi eventi sono unici ed impossibile da prevedere..
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Mezzo Interstellare e Nubi Molecolari
Profondo universo
Una stella è costituita, per la gran parte, da idrogeno dalla cui fusione ricava l'energia necessaria per contrastare l'altrimenti inevitabile collasso gravitazionale della grande massa di materia che lo compone. Condizione necessaria dunque perché una stella possa formarsi è una fonte di idrogeno, reperibile nel mezzo interstellare (ISM, dall'inglese Inter Stellar Medium) presente comunemente all'interno di una galassia. Una tipica galassia aspirale, come la Via Lattea, contiene grandi quantità di mezzo interstellare, disposto principalmente lungo i bracci che delineano la spirale in un sottile strato largo circa 300 anni luce. Il mezzo interstellare è inizialmente piuttosto rarefatto, con una densità compresa tra 0,1 e 1 particelle per cm³, ed è composto per circa il 90% da gas , perlopiù idrogeno con significative quantità di elio, mentre la restante percentuale è costituita da polveri, ossia minute particelle di carbonio, silicio ed altri composti. Si pensa che queste polveri con diametro tra 10 e 100 nanometri, definite come "polveri interstellari" siano originate dalle atmosfere esterne delle stelle rosse giganti e dalle esplosioni di supernovae. La dispersione di energia sotto forma di radiazione nell'infrarosso, traducendosi in un raffreddamento della nube, fa sì che la materia del mezzo si addensi in nubi distinte, dette genericamente nubi interstellari, classificate in maniera opportuna a seconda dello stato di ionizzazione dell' idrogeno. Le nubi costituite in prevalenza da idrogeno neutro monoatomico sono dette regioni HI (acca primo) Man mano che il raffreddamento prosegue, le nubi divengono sempre più dense; quando la densità raggiunge le 1000 particelle al cm³, la nube diviene opaca alla radiazione ultravioletta galattica. Tale condizione, unita all'intervento dei granuli di polvere interstellare in qualità di catalizzatori,permette agli atomi di idrogeno di combinarsi in molecole biatomiche (H2): si ha così una nube molecolare. L’idrogeno molecolare emette nell’infrarosso ed e’ difficile da individuare. Come tracciante della nube si usa il monossido di carbonio CO che è in un rapporto di 10.000:1 rispetto all’Idrogeno. Qualora la quantità di polveri all'interno della nube sia tale da bloccare la radiazione luminosa visibile proveniente dalle regioni retrostanti, essa appare nel cielo come una nebulosa oscura.
Nubi molecolari giganti (GMC):
Dell' inglese Giant Molecular Cloud, possiedono densità tipiche dell'ordine delle 100 particelle al cm³, diametri di oltre 100anni luce, masse superiori a 6 milioni di masse solari(M☉) ed una temperatura media, all'interno, di 10K. Si stima che circa la metà della massa complessiva del mezzo interstellare della nostra galassia sia contenuta in queste formazioni, suddivisa tra circa 6000 nubi ciascuna con più di 100000 masse solari di materia al proprio interno. Le nubi molecolari giganti hanno un'ampiezza tale da coprire una frazione significativa della costellazione in cui sono visibili, al punto da prendere il nome da quello della costellazione stessa.
Nubi molecolari piccole (Globuli di Bok):
I globuli di Bok furono osservati per la prima volta dall'astronomo Bart Bok negli anni quaranta. Sono piccoli aggregati isolati di gas molecolare e polveri molto simili ai nuclei delle delle GMC che si possono formare indipendentemente o in associazione al collasso di nubi molecolari più vaste e sono reperiti spesso nelle regioni H II. Oltre la metà dei globuli di Bok noti contengono al loro interno almeno un oggetto stellare giovane. Un tipico globulo di Bok ha una massa di poche centinaia di masse solari ed un diametro di un anno luce circa.I globuli di Bok finiscono in genere per produrre stelle doppie o multiple.
Nubi molecolari diffuse ad alta latitudine:
Nel1984 il satellite IRAS identificò una particolare tipologia di nube molecolare, che appare costituita da filamenti diffusi visibili ad elevate latitudini galattiche, dunque all'esterno del piano galattico. Tali nubi, dette cirri infrarossi per via della loro morfologia nell'infrarosso affine all'omonima tipologia di nube terrestre, possiedono una densità della materia tipica di 30 particelle al cm3.
Nubi oscure ed ad emissione
Se la quantità di polveri all'interno della nube molecolare è tale da bloccare la radiazione luminosa visibile proveniente dalle regioni retrostanti, essa appare come una nebulosa oscura;tra le nubi oscure si annoverano i già citati globuli di Bok, "piccoli" aggregati di idrogeno molecolare e polveri che si possono formare indipendentemente o in associazione al collasso di nubi molecolari più vaste. I globuli di Bok, così come le nubi oscure, si presentano spesso come delle sagome scure contrastanti con il chiarore diffuso dello sfondo costituito da una nebulosa a emissione o dalle stelle di fondo. L'eventuale raggiungimento di densità ancora superiori (~10000 atomi al cm³) rende le nubi opache anche all'infrarosso, che normalmente è in grado di penetrare le regioni ricche di polveri. Tali nubi, dette nubi oscure all'infrarosso,contengono importanti quantità di materia (da 100 a 100000 M☉) e costituiscono l'anello di congiunzione evolutivo tra la nube e i nuclei densi che si formano per il collasso e la frammentazione della nube. Le nubi molecolari e oscure costituiscono il luogo ideale per la nascita di nuove stelle. L'eventuale presenza di giovani stelle massicce, che con la loro intensa emissione ultravioletta ionizzano l'idrogeno ad H+ (da non confondere con l’ idrogeno molecolare H2), trasforma la nube in un particolare tipo di nube a emissione nota come regione H II (acca secondo). La nebulosa di Orione M42 è forse la più nota regione HII conosciuta.
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Buchi neri
Profondo universo
L’esistenza dei buchi neri è stata teorizzata già agli inizi del 1900 da esimi scienziati tra i quali ricordiamo John Archibald Wheeler, Robert Oppenheimer, Arthur Eddington Albert Einstein ecc. Negli anni successivi molti scienziati hanno raccolto
importanti indizi a supporto dell’ esistenza di questi misteriosi oggetti celesti. Nell’ ordinamento scientifico , al contrario di quello giudiziario, molti indizi non fanno una prova e per convalidare un fenomeno fisico occorre ben altro “rigor scientifico”. Allo stato dell’ arte, quindi, l’esistenza dei buchi neri è ancora solo teorica anche se ormai accettata dalla maggior parte della comunità scientifica al qui’ interno però non mancano gli scettici ed oppositori. Insomma possiamo dire che la discussione è ancora aperta in attesa di ulteriori sviluppi.
Di seguito riportiamo quella che ci sembra la teoria più accreditata
Probabilmente una stella molto massiccia, con massa superiore a 2,5 masse solari , nella fase finale della sua evoluzione, dà luogo all'oggetto più strano e affascinante del cosmo: un buco nero. Il nucleo della stella collassa sotto il proprio peso e diventa tanto più piccolo e denso quanto maggiore era la massa della stella collassata.
La materia così compressa si trova in uno stato totalmente sconosciuto che le leggi della fisica perdono significato.
La gravità di un buco nero, infatti, è così grande da comprimere la materia che lo compone fino ad una densità praticamente infinita e la forza di attrazione gravitazionale aumenta a tal punto che qualunque cosa vi passi nelle vicinanze, viene attratta e finisce inesorabilmente per finirvi dentro senza poterne più uscire.
La velocità di fuga del nucleo aumenta a tal punto che nemmeno la luce, che viaggia alla velocita di circa 300.000 m/s, può sfuggire e quindi non potendo emettere radiazione, esso diventa completamente oscuro (da qui il nome di buco “nero”).
Anche se in realtà un buco nero non ha dimensioni, attorno al suo nucleo si può osservare una superficie, ben delimitata, che prende il nome di "orizzonte degli eventi" e che rappresenta il punto di non ritorno per la materia che lo attraversa. La posizione dell'orizzonte degli eventi, cioè la sua distanza dal nucleo, viene definita come raggio critico e dipende dalla massa del buco nero. Buchi neri con massa maggiore hanno un raggio critico minore e viceversa.
Si è calcolato che un buco nero con massa pari a quella del nostro Sole avrebbe un raggio critico di circa 3 Km.
Un raggio di luce che passa poco al di fuori di questa regione, viene fortemente incurvato dalla forza gravitazionale del buco nero, ma riesce comunque a proseguire il suo cammino. Se invece vi entra, non può più uscirne.
I buchi neri sono gli unici oggetti celesti che non possono essere studiati direttamente in alcun modo, dato che non emettono radiazione di nessun tipo. Solo le nostre conoscenze di fisica e matematica ci permettono di immaginare come sono fatti. La loro esistenza, infatti, è prevista dalla teoria della Relatività generale di Einstein.
Tuttavia, esistono delle evidenze indirette dell'esistenza dei buchi neri.
Quando un buco nero fa parte di un sistema binario di stelle, esso strappa il gas più esterno della compagna e lo risucchia. Questo gas si mette in rotazione, formando un disco attorno
al buco nero, che ruota anch'esso sul proprio asse.
Misurando la velocità del gas del disco di polvere che circonda il buco nero si può calcolare quanto è intenso il campo gravitazionale del buco nero e quindi conoscere la sua massa. Questo disco, pian piano cade dentro al buco nero.
Durante la caduta, la materia raggiunge altissime temperature ed emette raggi X: è proprio attraverso questa radiazione che un buco nero può essere rivelato. Un esempio è la sorgente di raggi X detta Cygnus X-1, che si trova nella costellazione del Cigno. Si tratta di una coppia di stelle: una gigante e un buco nero. Quest’ ultimo risulta avere una massa di 14,8 masse solari e il suo “orizzonte degli eventi”, ruota più di 800 volte al secondo.
Un altro fenomeno che permette di scorgere indirettamente un buco nero è l'effetto di "lente gravitazionale" che esso esercita sulla luce.
In fisica, in particolare nella teoria della relatività generale, una lente gravitazionale è un fenomeno caratterizzato dalla deflessione della radiazione emessa da una sorgente luminosa a causa della presenza di una massa posta tra la sorgente e l'osservatore. In condizioni normali, una radiazione luminosa percorre una traiettoria rettilinea; quella che passa abbastanza vicino ad un buco nero, invece, viene incurvata a causa del suo intenso campo gravitazionale.
Ne deriva che se un buco nero si trova frapposto tra noi ed un altro oggetto luminoso, per effetto della lente gravitazionale, vedremmo due o più immagini ravvicinate dello stesso oggetto (vedi figura a lato).
Nella foto della Nasa, quì a lato, si vede l'immagine multipla di un oggetto lontanissimo dello spazio, il quasar "G2237 +0305" che si trova mella costellazione di "Pegaso".
Una lente gravitazionale costituita da una galassia particolarmente massiccia chiamata "ZW 2237 +030", si trova tra noi e il quasar, producendo quella che viene detta "croce di Einstein".
Al centro è visibile l' immagine della galassia, mentre i quattro oggetti laterali sono le immaggini distorte dello stesso oggetto, appunto il quasar, che si trova dietro la galassia.
L’ immagine prende il nome dal fisico Albert Einstein, il quale intorno al 1915 postulò l’esistenza di tali oggetti a forma di croce e ne considerò l’osservazione come possibile verifica sperimentale della teoria sulla relatività generale.
La foto, quì a lato è stata scattata il 10 Aprile 2019 ed è la prima prova visiva diretta di un buco nero. Si tratta dell’immagine dell’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio, con una massa equivalente a 6,5 miliardi di masse solari, che si trova a 55 milioni di anni luce dalla Terra, al centro della galassia Messier 87.
La foto è stata ottenuta con la tecnica interferometrica che ha permesso di raggiungere una risoluzione più che doppia rispetto alle precedenti osservazioni.
Ad ottenere questa storica "fotografia" sono stati gli scienziati della collaborazione internazionale EHT Event Horizon Telescope, cui partecipano ricercatrici dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’INAF Istituto Nazionale di Astrofisica. EHT è una rete distribuita su tutta la Terra, composta di un insieme di radiotelescopi che lavorano in modo coordinato così da costituire un unico strumento di dimensioni globali con sensibilità e risoluzione senza precedenti.
Progettato proprio allo scopo di catturare l’immagine di un buco nero La collaborazione EHT, presenta, quindi, il coronamento del suo principale obiettivo scientifico.
Il risultato è descritto in sei articoli scientifici pubblicati su The Astrophysical Journal Letters.
Si ritiene che i buchi neri siano gli oggetti più massicci dell'universo. In base alla loro massa e considerando la massa del Sole (simbolo M☉ ) che di ≈ 1,98892 × 1030 kg (332.946 volte la massa della Terra) si ipotizzano tre tipologie di buchi neri:
Stellari: con masse non superiori a 15 M☉, che nascono dal collasso di stelle massicce giunte alla fase terminale della loro evoluzione stellare.
Di massa intermedia: masse comprese tra 100 e 10 000 M☉ e posti al centro di alcuni ammassi globulari.
Supermassicci: con masse milioni di volte quella del Sole e posti al centro delle galassie.
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Nebulose
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NEBULOSE
Le Nebulosa (dal latino nebula= nuvola) sono un agglomerato interstellare di polvere, idrogeno e plasma presenti un po' ovunque, con diverse di concentrazione, nella nostra e in altre galassie. Una volta venivano definite nebulose anche alcuni oggetti celesti che, ad occhio nudo o con l’ uso di piccoli binocoli, apparivano di tipo nebulare ( es. la galassia di Andromeda) . Solo con l’ avvento di potenti telescopi questi oggetti (galassie , ammassi globulari etc) sono stati correttamente ridefiniti.
Sono stati classificate diversi tipologie di nebulose:
Nebulose diffuse : Le nebulose diffuse sono nubi di materia interstellare, vale a dire agglomerati di gas e polveri rarefatti ma estesi. Se sono sufficientemente vaste e massive, per effetto di un collasso gravitazionale della materia che le compone, possono sviluppare formazioni stellari (grandi associazioni o ammassi di stelle). Alcune delle giovani stelle spesso sono talmente massive e calde che la radiazione ad alta energia che emettono può eccitare il gas della nebulosa stessa (principalmente idrogeno) che diviene luminoso. Una nebulosa di questo tipo viene chiamata nebulosa ad emissione. Se le stelle non sono abbastanza calde, la loro luce viene riflessa dalla polvere e può essere osservata come una nebulosa a reflessione bianca o bluastra.
Nebulose planetarie: Quando una stella, a bassa massa come il nostro Sole, ha utilizzato tutto il combustibile nucleare di cui dispone, espelle quantità significative della sua massa in un involucro gassoso che diviene osservabile nel visibile per via dell'eccitazione provocata dalla stella centrale estremamente calda, quello che in precedenza era il nucleo della stella originaria. Queste nebulose si espandono rapidamente e scompaiono mentre la materia che le compone si disperde nello spazio interstellare circostante.
Nebulosa protoplanetaria: La nebulosa protoplanetaria è un oggetto astronomico che si manifesta durante la penultima fase evolutiva (caratterizzata da alta luminosità) nel ciclo di vita delle stelle aventi massa intermedia e che evolveranno in nane bianche. Esse emettono una forte radiazione infrarossa e costituiscono un tipo particolare di nebulosa a riflessione. E' un fenomeno che si osserva molto raramente perchè di breve durata.
Resti di supernova: Alcune stelle, che hanno una massa critica maggiore di 1,4 masse solari, nella maggior parte dei casi possono esplodono con una detonazione violentissima che ne fa accrescere la luminosità a valori superiori a quelli di 10 miliardi di soli. Con l’esplosione, la maggior parte della materia di cui sono composte, viene irradiata nel vuoto formando attorno al punto di esplosione, un guscio in rapida espansione che viene chiamato resto di supernova.
Nebulose oscure; A differenza delle nebulose luminose, queste nubi oscure sono visibili solo perché assorbono la luce emessa dagli oggetti che si trovano posteriormente. Si distinguono dalle nebulose diffuse principalmente perché non sono illuminate da stelle al loro interno ne da stelle vicine.
Riportiamo, quì sotto, le immagini di famose nebulose di diversa tipologia
Nome comune: Nebulosa del Granchio Tipo:Nebulosa Resto di supernova |
Nome comune: Nebulosa di Orione Tipo: Nebulosa diffusa ad emissione |
Nome comune: Nebulosa testa di strega Tipo: Nebulosa diffusa a riflessione |
Nome comune: Nebulosa Elica Tipo: Nebulosa planetaria) |
Nome comune: Nebulosa testa di cavallo Tipo:Nebulosa oscura |
Nome comune: Nebulosa Ali di farfalla Tipo: Nebulosa protoplanetaria |
Tabella: Nebulose del catalogo Messier
Catalogo Messier | Mag apparente | Costellazione | Categoria | Nome proprio | Periodo di visibilita | NGC | RA | Deg | Sec | Distanza AL (X 1000) | Osservab. |
M1 | 8.4 | Toro | Nebulosa diffusa | Nebulosa del Granchio | Luglio-Febbraio | 1952 | 05:34:00 | 22 | 1 | 6,3 | Telescopio |
M8 | 5.8 | Sagittario | Nebulosa diffusa | Nebulosa Laguna | Agosto-Settembre | 6523 | 18:03:00 | -24 | 23 | 6,5 | Binocolo |
M16 | 6 | Serpente | Nebulosa ammasso | Ammasso della Nebulosa Aquila | Luglio-Ottobre | 6611 | 18:19:00 | -13 | 47 | 7 | Binocolo |
M17 | 7 | Sagittario | Nebulosa diffusa | Nebulosa Omega | Agosto-Settembre | 6618 | 18:21:00 | -16 | 11 | 5 | Binocolo |
M20 | 8.5 | Sagittario | Nebulosa diffusa | Nebulosa Trifida | Agosto-Settembre | 6514 | 18:02:00 | -23 | 2 | 5,2 | Telescopio |
M27 | 8.1 | Volpetta | Nebulosa planetaria | Nebulosa Manubrio | Agosto-Ottobre | 6853 | 20:00:00 | 22 | 43 | 1,25 | Binocolo |
M42 | 4 | Orione | Nebulosa diffusa | Grande Nebulosa di Orione | Luglio-Marzo | 1976 | 05:35:00 | -5 | 27 | 1,6 | Occhio nudo |
M43 | 9 | Orione | Nebulosa diffusa | Nebulosa De Mairan | Luglio-Marzo | 1982 | 05:35:00 | -5 | 16 | 1,6 | Telescopio |
M57 | 9 | Lira | Nebulosa planetaria | Nebulosa Anello | Luglio-Settembre | 6720 | 18:54:00 | 33 | 2 | 2,3 | Telescopio |
M76 | 11.5 | Perseo | Nebulosa planetaria | Nebulosa Farfalla | Settembre-Aprile | 650 | 01:42:00 | 51 | 34 | 3,4 | Telescopio |
M78 | 8 | Orione | Nebulosa diffusa | NULL | Luglio-Marzo | 2068 | 05:47:00 | 0 | 3 | 1,6 | Difficile |
M97 | 11.2 | Orsa Maggiore | Nebulosa planetaria | Nebulosa Gufo | Circumpolare | 3587 | 11:15:00 | 55 | 1 | 2,6 | Telescopio |